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06/06/2011

 

 

CASSAZIONE IN PILLOLE 2011
Sentenza 10015, sezione Lavoro, del 06-05-2011(C.c. art. 2104, 2105 ))
 Licenziamento disciplinare - Fatti contestati al dipendente - Addebito - Difesa giudiziale del datore - Principio di immutabilità – Sussiste
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“In tema di sanzioni disciplinari nei confronti del dipendente opera il principio di immutabilità dei fatti contestati: deve dunque essere confermata l’illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato una volta accertata l’evidente diversità tra la specifica contestazione dell’addebito al dipendente e la difesa giudiziale del datore di lavoro; diversità che non può essere negata laddove in sede giudiziale l’addebito disciplinare risulta indebitamente ampliato “
Così si sono espressi i Giudici della Suprema Corte accogliendo il ricorso di un dipendente avverso il licenziamento disciplinare. Un fatto divertente di per sè che nella comicità rappresenta anche una delle tante realtà della società attuale pertanto vale la pena riportare i fatti accaduti.
“Sto male e devo andare a casa»: il casellante lamenta la dolorosa rottura di una corona dentaria. Sul posto di lavoro, la tangenziale di Napoli, arriva perfino un’ambulanza: per i sanitari il lavoratore potrebbe ben continuare il servizio. Ma il dipendente della società che gestisce il servizio non ci sta e preferisce andarsene. Anzi, si fa refertare il malessere al pronto soccorso e rilasciare un certificato dal medico di famiglia. Subito i suoi capi ricordano di avergli negato un paio di giorni di ferie proprio per quel periodo e lo fanno seguire da un investigatore privato: dopo un po’ lo beccano sul palco di un teatro mentre partecipa a una serie di recite amatoriali. Immediato il licenziamento disciplinare. Ma scatta la reintegra, perché dalla lettera di contestazione dell’addebito alla difesa giudiziale l’azienda cambia le carte in tavola. Recesso illegittimo. Il Brillante casellante napoletano riesce a sfuggire al licenziamento per il rotto della cuffia. È vero: il dipendente abbandona il servizio senza autorizzazione dei dirigenti, ma non risulta tuttavia che il permesso gli sia stato negato. L’azienda costituitasi in giudizio, cambia versione rispetto alla lettera di addebito al dipendente, tacendo l’episodio dell’ambulanza e sostenendo che l’abbandono del posto di lavoro fosse avvenuto a totale insaputa dei responsabili; cosa che appare improbabile, dato l’ intervento del “118”, ma che soprattutto aggrava indebitamente le censure mosse a carico del licenziato. Risulta dunque violato il principio di immutabilità della contestazione posto a garanzia del diritto di difesa dell’incolpato. L’azienda che ufficialmente nulla sa dell’abbandono del posto di lavoro si attiva invece immediatamente per il pedinamento: avrebbe fatto meglio invece, si legge nella sentenza, ad attivare i controlli di legge chiedendo l’intervento del medico fiscale. Alla società non resta che reintegrare il dipendente.                             
Un ottimo di tutto a tutti voi.
                                                                                                           Il Presidente
                                                                                                         Anna Maria Granata
 
     hanno collaborato  Stefania Damiani ed Antonio Granata componenti Centro Studi ANCL SU Campania “On.le V. Mancini”


 
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